LA MIA PRIMA ESPERIENZA A VOHIDAHY

Tsiryparma ormai da anni opera sul territorio del comune di Vohidahy e, in ciascuno degli otto villaggi che ne fanno parte, ha promosso attività e realizzato progetti per la popolazione locale. La presenza dell’associazione sul territorio è ben nota e abbastanza radicata, ma soprattutto è costante nel tempo, perchè ogni anno vengono proposti e finanziati nuovi progetti e mensilmente gli operatori dell’associazione si recano nel comune.

L’interesse dell’associazione per queste zone, ovviamente, è dovuto alla presenza della foresta pluviale: un concentrato di biodiversità di altissimo valore, che è necessario proteggere e preservare per i posteri, da lasciare in eredità ai nostri figli, affinchè possano imparare anche loro a rispettare la ricchezza del mondo, che non ci appartiene.

Il motivo principale che mi ha spinto a venire in Madagascar è stato proprio il desiderio di vedere questo ambiente naturale, di cui ho tanto sentito parlare e per me nuovo, tutto da scoprire. La foresta e gli ambienti naturali ad alta biodiversità hanno sempre suscitato il mio interesse e il mio stupore, soprattutto trattandosi di luoghi cosí remoti.

Le aspettative di questa avventura erano alte e il timore per le difficoltà da affrontare non da meno, ma alla fine dei cinque giorni avrei voluto addirittura prolungare la permanenza, perciὸ tutta l’esperienza è stata più che apprezzata!

PRIMO GIORNO – Martedí 22 Maggio 2018

Qui inizia l’avventura: alla mattina si parte in moto (io noleggio una moto con autista) per una strada che inizialmente presenta buone condizioni, ma dopo una decina di chilometri peggiora drasticamente! La strada, sterrata e fangosa, è più che sfondata e martoriata dal continuo passaggio di camion. Tali pessime condizioni sono veramente difficili da immaginare se non le si vede… In alcuni punti addirittura c’era un dislivello di oltre due metri tra il sentierino su cui siamo passati in moto e la “strada” su cui passano i camion, il rischio di scivolare sul fango e cadere è alto.

Dopo circa due ore di strada ci fermiamo a pranzare e poi proseguiamo prendendo un sentiero che si inerpica su di un versante. Iniziamo ad attraversare boschi di eucalipti alternati a colline brulle, ma dopo poco iniziamo a incontrare un altro tipo di vegetazione. Più fitte e selvagge iniziano le variegate specie autoctone della foresta! In me si alternano la voglia di piangere per la bellezza che si apre davanti ai miei occhi e per l’orrore delle colline brulle e isterilite.

Continuiamo di questo passo fino a che arriviamo sulla cresta del versante e lí si apre dinanzi a noi un paesaggio mozzafiato: la valle di Vohidahy! Una distesa di versanti verdeggianti alternati a risaie e alla base alcuni piccoli gruppi di capanne a segnalare i villaggi, sulla parte più alta dei versanti si spande la macchia verde scuro della foresta! Più si osserva il paesaggio più ne si resta incantati!

Dopo questa breve pausa a rifarci gli occhi, risaliamo in moto e scendiamo in pochi minuti al primo villaggio, Fenomanta, dove lasciamo le moto e proseguiamo a piedi la discesa a valle. Come mi era stato raccontato, si forma una piccola folla di bambini con gli occhi sgranati, scappano appena tento di fargli una foto e poi si accalcano intorno a me spingendosi quando gli mostro una foto sullo schemo della macchina fotografica! Ci fermiamo brevemente in un paio di villaggi e poi proseguiamo la discesa, immergendoci nel paesaggio appena ammirato.

Dopo circa un’ora arriviamo alla ben riconoscibile collina della toka: il calpestio insistente l’ha pelata completamente, rendendola polverosa e arida, come la desolazione che causa il prodotto che vi viene commerciato… Ora é deserta, le trattative sono terminate già da un pezzo.

Proseguiamo arrivando nel mercato vero e proprio di Vohidahy Centre, qui in molti riconoscono, salutano e si fermano a parlare con Nicola e i suoi collaboratori. Dopo poco passiamo in mezzo alle risaie, alcune donne cantano mentre raccolgono il riso, mi rievoca nella mente le foto delle mondine, é quasi come vederle dal vivo… Finalmente (non per la stanchezza), arriviamo al centro dove alloggeremo, nel villaggio di Maromandia. Qui ci accolgono calorosamente un sacco di persone (il responsabile, il cuoco, i muratori che stanno costruendo il centro di formazione agricola…). Nel pomeriggio, dopo esserci sistemati, i muratori ci portano a vedere come proseguono i lavori al centro di formazione agricola: stanno facendo un buon lavoro, con i mezzi che possiedono è sorprendente come riescano a cavarsela egregiamente! Visitiamo anche le tre scuole del villaggio, mi presentano l’insegnante e poi facciamo un giro per il villaggio: capanne di fango con tetti in paglia, molto suggestive da vedere, bellissime, ma di sicuro non molto confortevoli. Ceniamo con semplicità ma con soddisfazione, il riso in tavola è sempre abbondante!

SECONDO GIORNO – Mercoledí 23 Maggio 2018

Ci svegliamo di buon’ora, attendiamo che la colazione sia pronta e poi partiamo in direzione di Ambalamanga e Kianjanomby, seguendo il corso del fiume Mananjary. Il sentiero è tenuto bene, a tratti un po’ fagoso, serpeggia in mezzo alle onnipresenti risaie, alle canne da zucchero (per la produzione della toka) e ad alti cespugli di girasoli selvatici, giallo-arancio e profumatissimi. Dopo un’oretta di camminata ecco presentarsi la prima avventura: guadare il fiume a piedi! Passiamo perfino di fianco alle due chiatte affondate nel fiume e che dovranno essere recuperate e rimesse a nuovo. Ci immergiamo nell’acqua fresca e un po’ limacciosa, arriva fin quasi a bagnarci le mutande. Riemergiamo dalla corrente un po’ rinfrescati e dopo poco dobbiamo guadare il secondo braccio del corso, qui ci bagnamo decisamente le mutande! Ci rivestiamo e raggiungiamo il primo villaggio: Ambalamanga.

Lo scopo della nostra presenza é principalmente di contattare quei contadini che hanno piantato la vaniglia per iniziare le coltivazioni. Facciamo una prima tappa alle scuole, delle quali una ha appena rinnovato il tetto in lamiera, che era stato divelto da un uragano!  Il cuoco, che ci ha accompagnato, si dirige a cercare qualcuno disponibile a ospitarci e che metta a disposizione la cucina per preparare il nostro pranzo. Noi proseguiamo alla ricerca della vaniglia.

Stiamo risalendo la valle di Vohidahy, camminiamo verso nord, il paesaggio muta gradualmente diventando più collinare; dopo un’altra oretta di cammino arriviamo a un gruppetto di capanne e finalmente troviamo il contadino che ha piantato della vaniglia. Ha diverse piante, alcuni esemplari sono forti e ben sviluppati, altri presentano le foglie terribilmente colonizzate da funghi e muffe, in condizioni incerte… Il proprietario ci spiega che alcuni esemplari gli sono morti.

Torniamo ad Ambalamanga per il pranzo. Inizia a piovere proprio mentre arriviamo nella casa di chi ci ospita. Ci rifocilliamo e ci riposiamo. Ripartiamo appena diminuisce la pioggia, ci dirigiamo verso Kianjanomby alla ricerca di altri contadini, ma troviamo solo un signore il cui nonno aveva una coltivazione iniziata negli anni ’40 e di cui ora gli resta un solo esemplare!

Quello che mi piace di questi posti è che chiunque si incontri sulla strada lo si saluta, vedendo poi che Nicola e i suoi tecnici si fermano a parlare con molte persone che conoscono, si comprende quanto impegno costante ci sia stato negli anni passati per conoscere la popolazione e coinvolgerla per aiutarla a migliorare le proprie condizioni di vita.

Facciamo ritorno al centro e sulla strada ci facciamo regalare come voandalana(frutto della strada) una canna da zucchero: il cuoco, la sbuccia e la distribuisce in pezzi, è da mangiare! Si strappano le fibre a morsi e se ne succhia il succo zuccherino, sembra quasi di avere un gelato in mano!

TERZO GIORNO – Giovedí 24 Maggio 2018

È arrivato il gran giorno: si parte per andare in foresta! Visto che finora non ho sentito fatica fisica posso ben sperare di riuscire ad affrontare i giorni che ho davanti!

Si parte di buon’ora, attraversiamo nuovamente il Mananjary, stavolta su una chiatta in un punto più a sud, e poi tagliamo la vallata per raggiungere l’altro versante e iniziare la salita. Si sale di quota in modo costante, il paesaggio circostante si apre e si chiude, nascosto dai versanti e dalle canne da zucchero. A passo sostenuto, nel giro di due ore arriviamo alla base in foresta: una casa abitata da una coppia, che gestisce le vasche per l’allevamento dei pesci, costruite grazie a un progetto dell’associazione.

Nel pomeriggio ricevo un primo assaggio di foresta: ci inoltriamo ai suoi bordi per andare a visitare i tre vivai che vi sono stati installati. La vegetazione è lussureggiante, variegata e piena di vita! Lo sguardo si posa in continuazione su qualcosa di nuovo e straordinario! I vivai sono ben integrati nell’ambiente: le piantine di pepe selvatico sono belle vigorose, le talee stanno peggio (la maggior parte sono morte), mentre le piante di caffé hanno le foglie belle verdi e sono vitali. Il terzo vivaio è in un posto fiabesco: nella vegetazione fitta presso un corso d’acqua! Qui le piante sono più giovani e vigorose. Sono state piantate perfino delle talee di vaniglia ai piedi degli alberi attorno al vivaio, alcune presentano una buona ripresa vegetativa, ma in generale non mostrano gli stessi segni di malattia sulle foglie, probabilmente perchè sono piante collocate inlocoda poco.

Alla base montiamo le tende per la notte, poi ci dirigiamo verso un piccolo gruppo di case, qualche collina più in là, sotto una pioggerellina fine fine. Andiamo a vedere un’altra scuola e poi facciamo visita a una grande casa, dove un padre giovanissimo ci accoglie sorridente con almeno sette figlie femmine! La madre arriva dopo un po’ e addirittura mi invita a restare a dormire da loro, declino gentilemente, e quando ci salutiamo ci donano delle banane come voandalana.

QUARTO GIORNO – Venerdí 25 Maggio 2018

Ci alziamo con una mattina nebbiosa e umida, dopo un’abbondante colazione partiamo finalmente per addentrarci nel fitto della foresta. Ci guida il responsabile del vivaio in foresta, che sa il fatto suo.

Non appena facciamo per inoltrarci nel fitto scoppiano grida d’allarme in lontananza tra le fronde: lemuri, invisibili ma presenti! Iniziamo a seguire un sentiero che serpeggia in mezzo alla vegetazione, mi si spalancano gli occhi ogni cinque passi.

Le sensazioni nuove sono molteplici e inebrianti:  il profumo umido e lieve della vegetazione, la luce che assume tutte le tonalità del verde, l’ombra che si aumenta con la densità del verde che ti circonda, il rumore bagnato e attutito dei nostri passi su un letto di foglie morte in decomposizione, la rugiada che bagna i nostri vestiti… Quello che peró affascina di più è la complessità e la variegatezza dell’ambiente, ad ogni livello d’altezza si vedono piante di specie diverse, con strutture e portamenti diversi, tutte disposte ad occupare e conquistare il prioprio spazio per ottenere le proprie risorse. È alienante pensare alla miriade di connessioni e relazioni che sono state instaurate in un tale ecosistema, dove non è previsto alcuno posto per l’uomo, è quasi come sentirsi un ospite non invitato in una terra straniera! Mi sento molto privilegiata ad essere qui, a poter ammirare una tale complessità, di cui posso percepire e intuire solo una piccolissima parte.

Il  sentiero inizialmente avanza sul piano, poi inizia a salire e scendere lungo i versanti. Osservo piccole orchidee epifite dalle foglie consistenti, liane che si arrampicano verso la luce, muschi verde brillante che rivestono ogni superficie libera, numerosi piccoli funghi verde pastello dalla particolare forma a cornino che rilascia spore dello stesso colore a sfregarlo… Le specie a me sconosciute superano di gran lunga quelle che posso anche solo vagamente riconoscere. C’è troppo da guardare per una sola visita.

Dopo circa uin’ora tentiamo di raggiungere il primo punto segnato sul gps: dobbiamo ritrovare due piante di pepe selvatico di grosse dimensioni, per verificare se ha i frutti e a quale stato di maturazione. Giriamo intorno alla zona per diverso tempo, ma non riusciamo a trovare la prima pianta.

In compenso veniamo visitati da numerosissime piccole sanguisughe! Restano in attesa sulle foglie e sul muschio dei tronchi, aspettando che qualcosa gli passi accanto per attaccarsi e alleggerirlo di un po’ di sangue. Ce le ritroviamo dappertutto sui vestiti e purtroppo qualcheduna ha anche già raggiunto con successo un pezzo di pelle nuda a cui attaccarsi… Facciamo diverse soste per disinfestarci!

Tentiamo di trovare anche la seconda pianta, usciamo dal sentiero e iniziamo a districarci tra la vegetazione selvaggia! Saliamo e ridiscendiamo pendii numerose volte, attraversiamo ruscelli, scivoliamo sul fango e inciampiamo nelle liane, ma nulla da fare, non riusciamo a individuare nemmeno la seconda pianta. Il gps si scarica e ci abbandona, decidiamo di tornare indietro, ormai è ora di pranzo e la via del ritorno è lunga e impervia, solo verso la fine ci ricolleghiamo al sentiero. Ho le ginocchia distrutte a forza di inciampare nei rovi e scivolare sul terreno fangoso e rivestito di foglie bagnate! Alla fine usciamo da questo ambiente spettacolare ma difficile e impegnativo, certamente non a misura d’uomo.

Nel pomeriggio restiamo alla base, ci riposiamo controllando che proseguano i lavori per costruire una diga, in modo da creare un nuovo stagno per la piscicultura. Verso sera, terminati i lavori momentaneamente, ci riuniuamo attorno al fuoco per scaldarci, in attesa che la cena sia pronta.

QUINTO GIORNO – Sabato 26 maggio 2018

Alla mattina ci alza presto: dobbiamo preparare i bagagli per scendere a Maromandia, oggi si ritorna a casa. Dopo un’abbondante colazione con riso, pesce e patate, partiamo. Andando di buon passo arriviamo in meno di due ore al villaggio, dove ci ricongiungiamo a Nicola e gli altri. Ci riposiamo in attesa che anche loro facciano i bagagli. Dopo un’oretta si riparte per risalire la valle e tornare a Fenomanta, dove abbiamo lasciato le moto.

Il sentiero è in salita, ma con una pendenza costante. Facciamo una breve sosta al mercato di Vohidahy Centre, dove compro della coba, una buonissima torta a base di riso e banane, soffice e dolce. Passiamo dalla collina della tokae questa mattina è  gremita di persone e barili gialli pieni di questo rhum; è comprensibile come possa essere la prima fonte di guadagno della popolazione, dato il tasso di partecipazione alla compravendita…

In poco più di un’ora arriviamo alle moto. Ci rinfreschiamo a un torrente, il sole è forte, ormai sono le 11. È triste dover salutare questa splendida valle e la sua foresta, ma mi consolo pensando che ritorneró presto a visitarla!

La stanchezza dell’esperienza si fa sentire anche in moto, perchè le gambe si rattrappiscono più facilmente. La moto di uno dei due tecnici inizia a spegnersi a intermittenza ogni tanto, sembra che abbia un problema con  il carburante, potrebbe essere entrata dell’acqua nel serbatoio. Ci fermiamo diverse volte, armeggiano attorno al motore finchè non sembra che il problema sia risolto.

Come spesso capita, il viaggio di ritorno sembra più breve dell’andata, nonostante le numerose pause… La strada è malmessa tanto quanto prima, in questi giorni è un po’ piovuto. Ci fermiamo per pranzo in una sorta di ristorante di strada, mangiamo riso e pirna, piccoli pesciolini di risaia, buonissimi!

Anche troppo presto arriviamo ad Ambositra e poi a casa, la soddisfazione per la conclusione di questo viaggio è enorme! È stato sorprendente, illuminante e pieno di nuove esperienze, di certo è un viaggio che voglio ripetere, ma per il momento mi aspetta u n po’ di meritato riposo!

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